Digitale terrestre, switch-off area tecnica 3: le frequenze non bastano. E allora Tv locali si preparino a condividere i mux

Primo. Ricordate quel che scrivevamo qualche settimana fa? "Pare che nelle aree switchoffate da tempo qualcuno si sia accorto che una risorsa pubblica e limitata quali sono i canali per il DVB-T non sia proprio sfruttata al meglio dalle tv locali".

In quella occasione avevamo puntualmente riportato come nelle stanze dove si decidono cose importanti si stesse parlando della possibilità di introdurre nell’ordinamento l’obbligo del pieno e corretto sfruttamento della capacità trasmissiva. "Un precetto – scrivevamo – che potrebbe evitare la riproposizione, in chiave 2.0, della deplorevole usanza dei tardi anni ’70, costituita dall’occupazione sine die di canali tv coi soli monoscopi a fini meramente speculativi o ostruzionistici". Bene, quei concetti sono stati ripresi dal commissario Agcom Nicola D’Angelo, che, parlando oggi al convegno romano dell’associazione Aeranti-Corallo, ha dichiarato che "Non è ammissibile assistere al non uso delle risorse assegnate, perché è uno spreco". Un’opinione che non ha faticato ad essere condivisa dal viceministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni Paolo Romani: "Le frequenze sono un asset prezioso, per cui non possono essere sfruttate solo al 40, 50 o 60%, ripetendo lo stesso programma, magari solo un logo, su diversi canali. Le emittenti allora si possono consorziare per utilizzare uno stesso mux, perché le frequenze sono un bene di tutti". Secondo. Ai primi di maggio davamo conto, su queste pagine, che la Commissione UE aveva chiesto agli Stati che avevano già pianificato l’assegnazione delle frequenze per le trasmissioni tv terrestri in digitale di attivarsi per destinare allo sviluppo della banda larga senza fili di ultima generazione il dividendo tra i 790 e gli 862 MHz, in pratica i canali dal 61 al 69 UHF oggi destinati al DVB-T, con ciò determinando un futuro ancora più stretto per le tv locali (visto che gli operatori di rete nazionali si sono ben guardati dal prenotare tali risorse…). Sempre oggi il citato commissario Agcom D’Angelo ha ricordato che poiché la banda a 800 MHz è destinata ad impieghi diversi dall’ambito tv è bene che l’emittenza anticipi il futuro, prevedendo  un sistema basato su "un uso promiscuo delle risorse". Tradotto: in un’ottica di gestione consortile delle risorse frequenziali. Terzo. Domani (mercoledì 26/05) – come pure avevamo anticipato su queste pagine – Agcom si riunirà per decidere sulla contestatissima revisione del Piano di assegnazione delle frequenze digitali, nell’ottica di passare dalla (meno miracolosa di quel che si voleva far credere) tecnologia SFN, alla più realistica k-SFN (una MFN edulcorata), stravolgendo le assegnazioni già intervenute e quindi ricominciando daccapo con (tutte) le attribuzioni frequenziali e ovviamente sottraendo spazio ai soliti operatori di rete locali, in barba alla garanzia di legge del 33% delle risorse disponibili alle tv locali. Con ogni probabilità la decisione assunta da Agcom sarà nella direzione della revisione, se anche un fermo oppositore come Romani lo ha oggi definito (obtorto collo) un "atto necessario", pur precisando che Agcom dovrebbe tenere conto di "trenta anni di storia delle tv locali" (sì, certo…).  Bene, ora estrapolate dalle tre sezioni di questo pezzo le frasi sottolineate ed unitele con opportuni cerotti (che se sono andati bene per risolvere il caso Europa 7 basteranno anche per questa bisogna): "Le emittenti (…) si possono consorziare per utilizzare uno stesso mux, perché le frequenze sono un bene di tutti" e bisogna procedere a "un uso promiscuo delle risorse" attraverso una revisione del Piano di assegnazione delle frequenze che è un "atto necessario". Chiaro ora il programma per lo switch-off di settembre per le locali? Altro che futuro da operatori di rete. Prima hanno venduto alle locali un futuro digitale come operatori di rete. Ora, forse, garantiranno loro un’opportunità come fornitori di contenuti. Bell’affare. (M.L per NL)

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