DTT, audizione Calabrò (Agcom) al Senato. Difesa a 360° del PNAF. Che però non convince

"Onorevole Presidente, Onorevoli Senatori, mai come questa volta l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è stata sottoposta a un fuoco di fila di richieste e di contestazioni su alcuni dei temi che formano oggetto di questa audizione, della quale vi ringrazio".

E’ iniziata così l’audizione del presidente dell’Agcom Corrado Calabrò all’8^ Commissione Lavori Pubblici, Comunicazioni sul Piano Nazionale delle Frequenze, oggetto di durissime contestazioni da parte degli operatori radiotelevisivi e di almeno un centinaio di ricorsi al TAR.  "Siamo il secondo Paese europeo, dopo il Regno Unito, per numero di emittenti televisive e il Paese d’Europa con (di gran lunga) il maggior numero di emittenti televisive locali", ha esordito Calabrò. "Ebbene, quando nel giugno 2006 ci presentammo a Ginevra per la ripartizione del radiospettro in sede europea, sapete quante frequenze analogiche risultavano utilizzate in Italia? Zero, zero frequenze. Di fatto ne utilizzavamo 24.000, ma nessun Governo si era curato di comunicarlo all’Unione internazionale delle telecomunicazioni di Ginevra. A gran fatica abbiamo ottenuto 3943 frequenze per la conversione dall’analogico al digitale. E’ questo il punto di partenza". "L’occultamento della realtà italiana era la proiezione all’estero dell’aporia esistente in Italia tra situazione di fatto e principi di diritto, che ha visto l’occupazione di fatto delle frequenze, sommariamente ratificata dall’allora Ministero delle poste e telecomunicazioni. Situazione di caos, questa, che metteva tutti sullo stesso piano: imprese televisive nazionali e locali che rappresentano una risorsa per il Paese e opportunisti che occupano lo spettro con monoscopi o programmi ripetuti", ha continuato il presidente dell’Agcom. antenne%20pannelli%20tv%20Oropa%20Biella - DTT, audizione Calabrò (Agcom) al Senato. Difesa a 360° del PNAF. Che però non convince"La Corte di giustizia UE, la Commissione europea e, in Italia, la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato hanno censurato il sistema di regole (o forse sarebbe meglio dire l’assenza di regole) che ha caratterizzato il regime analogico. Per questo il Parlamento, con recenti interventi legislativi (mi riferisco da ultimo alla legge n. 88 del 2009, che legificando la nostra delibera 181 del 2009, ha auspicabilmente chiuso il contenzioso comunitario), ha inteso segnare una svolta nel momento del passaggio al sistema digitale. Un Paese membro dell’Unione Europea non può non avere un piano delle frequenze. Il piano delle frequenze è un compito assegnato a questa Autorità dal diritto comunitario e dal diritto interno. Un provvedimento di pianificazione generale era necessario, e non più rinviabile da noi, per chiudere la procedura di infrazione comunitaria, aperta nei confronti dello Stato italiano, per conferire certezza a tutto il sistema – nazionale e locale – e per dare risposte alle esigenze attuali e ai futuri sviluppi. Ma l’impresa era particolarmente improba, sia in relazione alla sfrenata situazione di partenza, sia perché la coperta era corta: 3943 frequenze. I precedenti piani delle frequenze in Italia sono stati adottati per poi essere messi in soffitta o congelati. Arrivati dopo decenni di Far West dell’etere, erano talmente dissimili dalla situazione esistente da non essere praticamente attuabili". Con un moto di orgoglio Calabrò ha quindi esaltato l’attività dell’ente presieduto: "E’ stata questa Autorità, nel 2006, di concerto col Ministero delle comunicazioni, ad iniziare a fare chiarezza sulla reale situazione esistente, istituendo il catasto delle frequenze. Un presupposto, questo, indispensabile per il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive digitali, adottato dall’Autorità con la delibera n. 300/10/CONS del 15 giugno scorso. Ben conscia della pesante eredità del passato, l’Autorità questa volta ha adottato il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive digitali attraverso una delibera cornice che è flessibile, ma che al contempo fissa alcuni principi generali inderogabili, fra cui il più importante è l’uso il più possibile esteso della tecnica isofrequenziale che garantisce il risparmio delle frequenze. All’approvazione del Piano non siamo arrivati ex abrupto ma seguendo un approccio pragmatico mediante una serie di atti di pianificazione pilota in Sardegna, Valle d’Aosta, Piemonte Occidentale, Trentino Alto Adige, Lazio, Campania. Il percorso è stato inoltre concordato nei dettagli con la Commissione europea. La stessa Commissione ce ne ha dato atto, evidenziando come “per la prima volta” in Italia le frequenze televisive sono state pianificate. L’articolo 42 del Testo unico della radiotelevisione prevede che l’Autorità adotti il piano delle frequenze “garantendo su tutto il territorio nazionale un uso efficiente e pluralistico della risorsa radioelettrica, una uniforme copertura, una razionale distribuzione delle risorse tra soggetti operanti in ambito nazionale e locale, suddividendo le risorse in relazione alla tipologia del servizio e prevedendo di norma per l’emittenza nazionale reti isofrequenziali”. Nel merito di questo aspetto il presidente Agcom ha così dichiarato al Senato: "Il primo obbiettivo fissato dalla legge è dunque quello dell’uso efficiente e pluralistico del radio spettro. antenne%20Selvapiana - DTT, audizione Calabrò (Agcom) al Senato. Difesa a 360° del PNAF. Che però non convinceIl secondo è la copertura uniforme del territorio nazionale. Il terzo è la riserva di un terzo della capacità trasmissiva (non delle frequenze) a favore dell’emittenza locale. Il piano delle frequenze, sulla scorta di quanto disposto dalla delibera 181, prevede 16 reti, con copertura approssimativamente pari all’80% del territorio, da destinare alla conversione delle reti nazionali analogiche e digitali esistenti (circa il 30% delle frequenze disponibili), 5 reti da destinare al beauty contest per cinque nuovi multiplex nazionali (come da accordi con la Commissione europea) e 4 reti da destinare ai servizi innovativi (DVB-H e DVB-T2 per la RAI). Si tratta complessivamente di circa il 50% delle risorse frequenziali, destinate all’emittenza nazionale. Il rimanente 50% è destinato in larga parte all’emittenza locale". E proprio sulle bistrattate emittenti areali Calabrò ha tenuto a precisare che ad esse  "viene dunque riservato ben più di un terzo della capacità trasmissiva prevista come riserva di legge dal testo unico della radiotelevisione: sono assegnate all’emittenza locale oltre il 30% delle frequenze pianificabili in ciascuna area tecnica. Cisaranno almeno 13 reti regionali, eventualmente decomponibili, oltre a un congruo numero di reti sub-regionali. Per ogni rete sono irradiabili 6 programmi (mentre solo 1 era irradiabile in tecnica analogica). Le televisioni locali potranno beneficiare su quasi tutto il territorio nazionale di un miglior fattore moltiplicativo dall’analogico al digitale di 1:6, contro il rapporto 1:4 che si applica a Rai, Mediaset e quello ancora inferiore che si applica a Telecom (a Rai, Mediaset e Telecom, nel passaggio dall’analogico al digitale, è stata applicata la cura dimagrante di un multiplex). Abbiamo grande considerazione per le televisioni locali, le quali assolvono a un compito importante per il pluralismo informativo, per l’informazione e il rapporto specifico col territorio, per la formazione di nuove leve di tecnici e professionisti della comunicazione. E’ per questo che, diversamente da quanto da più parti affermato, il Piano tiene nel massimo conto le esigenze del settore delle emittenti locali. Queste non solo vedono salvaguardata la loro programmazione ma, in alcuni casi, potranno addirittura avere difficoltà a realizzare e irradiare 6 programmi al posto di uno. D’altra parte, il Piano ha la necessaria flessibilità per adattarsi alle situazioni concrete che via via emergono in sede di pianificazione delle aree tecniche. La delibera, peraltro, non entra nel dettaglio della pianificazione territoriale. Questo dettaglio deve scaturire progressivamente da un confronto ampio e sincero con tutti gli operatori del settore. Le risposte da dare sul territorio si devono adattare alla situazione di mercato locale, all’orografia e ai confini delle varie aree geografiche. Non solo: ove necessario la delibera cornice già adottata può essere modificata per tener conto di giustificate esigenze". Un PNAF quindi non immodificabile: "Le frequenze del Piano nazionale sono rivedibili alla luce delle pianificazioni delle singole aree tecniche e dell’evoluzione delle trattative del coordinamento internazionale delle frequenze. Il nuovo approccio alla pianificazione quindi non è un approccio dirigista ma flessibile e rispettoso del dialogo con le varie componenti del territorio. In una data area territoriale il piano esiste nella sua forma definitiva solo quando la delibera di pianificazione di dettaglio è adottata; ed anche in questo caso non sono da escludere aggiustamenti durante la successiva fase di attuazione. E’ infatti espressamente previsto che la pianificazione delle reti locali continui ad essere effettuata con il metodo dei tavoli tecnici e del confronto formale e sostanziale con le amministrazioni locali, specialmente quelle regionali (che devono dare parere sull’ubicazione dei siti). Questo metodo è già sperimentato con successo nelle Regioni già digitalizzate. Un primo esempio della proficuità di tale metodo è offerto dalla pianificazione dell’area tecnica 3 (Lombardia e Piemonte orientale), approvata dall’Autorità il 16 settembre scorso, nella quale si è tenuto conto, nella misura massima possibile, delle istanze rappresentate dalle emittenti locali. antenne%20Pigazzano - DTT, audizione Calabrò (Agcom) al Senato. Difesa a 360° del PNAF. Che però non convinceA fronte delle giustificate esigenze manifestate, l’Autorità ha apportato alcuni aggiustamenti alla delibera di pianificazione generale. Confidiamo quindi che nell’ambito dei lavori ai tavoli tecnici che vedranno come protagonisti i rappresentanti delle emittenti locali di quell’area si trovi rapidamente una sintesi delle diverse istanze e si arrivi così a definire in pieno accordo la struttura delle loro reti. Come ho ricordato, la legge prevede che vi sia una razionale distribuzione delle frequenze tra settore nazionale e settore locale e un uso efficiente e pluralistico della risorsa radioelettrica. L’efficienza e il pluralismo comportano che sia pianificato il maggior numero di frequenze per soddisfare il più alto numero di soggetti e la razionalità comporta che si tenga conto delle diverse “performance” delle frequenze nell’allocazione delle stesse tra settore locale e settore nazionale. Il fatto di riservare alle reti nazionali frequenze coordinate o coordinabili su ampie aree geografiche è una scelta obbligata se si vuole rispettare il criterio – non derogabile – di pianificare reti di copertura tra loro equivalente, comprese quelle che saranno oggetto del beauty contest. Il numero delle reti nazionali è stabilito dalla delibera 181 e l’Autorità non può apportare alcuna modifica all’assetto concorrenziale previsto da tale delibera, che è entrata a far parte stabilmente dell’ordinamento normativo primario". Calabrò ha poi gettato acqua sul fuoco a riguardo delle proteste degli operatori areali che temono una riduzione delle coperture rispetto all’analogico: "Per le emittenti locali le coperture sono in generale migliori delle attuali, soprattutto per le emittenti che operano in ambito regionale, ed è, in ogni caso, tendenzialmente assicurato il mantenimento del bacino di irradiazione ex analogico. Ciascuna di loro può diventare operatore di rete: è un’opportunità che non ha eguali in Europa e che l’Autorità – come dicevo – ha voluto assicurare per mantenere il patrimonio di cultura locale e di pluralismo che le emittenti rappresentano. Senza contare che, applicando il piano, le emittenti potranno finalmente trasmettere senza interferenze. In materia di coordinamento su scala nazionale rilevano primariamente – com’è naturale – le reti nazionali, che devono essere coordinate simultaneamente con tutti i Paesi confinanti. Ma non per questo vengono trascurate le situazioni locali; per esse eventuali fenomeni interferenziali di confine vanno discussi bilateralmente e caso per caso con i singoli Paesi confinanti". E proprio sulle problematiche interferenziali che stanno preoccupando le stazioni locali del Nord-Est si è particolarmente speso il presidente Agcom: "E’ quello che, appunto, sta facendo il Ministero dello sviluppo economico – ha spiegato il numero uno dell’Autorità – Nel dialogo con i Paesi confinanti il piano è uno strumento fondamentale. Perché senza un metodo di pianificazione i dialoghi e i negoziati sono impossibili. Le delegazioni dei Paesi confinanti infatti non intendono trattare sui singoli impianti ma vogliono un accordo complessivo che può scaturire solo dal coordinamento dei rispettivi piani di assegnazione. Nel concreto, la valutazione della situazione interferenziale relativa ai singoli casi ha trovato e troverà una risposta nei tavoli tecnici. Esistono situazioni dove, stante la situazione orografica (soprattutto nel Nord-Est d’ Italia), occorre una valutazione più puntuale e accurata, postazione per postazione, della struttura delle reti. Si tratta di un lavoro che svolgeremo nelle prossime settimane insieme alle emittenti locali. I risultati ottenuti in Lombardia sono incoraggianti. Siamo fiduciosi di trovare, con la partecipazione dei soggetti interessati, soluzioni altrettanto soddisfacenti per il Veneto e il Friuli, per le quali ci sono buone prospettive di poter assegnare alle emittenti locali i canali da loro richiesti, dopo che il Ministro Romani mi ha informato di avere la ragionevole convinzione di poter coordinare in tempi brevi con lo Stato sloveno ulteriori due canali da considerare utilmente nel tavolo tecnico di imminente convocazione. Spero quindi di aver finalmente chiarito che il piano è un processo in divenire, partecipato ed è strumento negoziale ai tavoli internazionali. antenne%20UHF%20e%20FM%20Roncola%202 - DTT, audizione Calabrò (Agcom) al Senato. Difesa a 360° del PNAF. Che però non convinceAl tavolo di negoziato con i Paesi confinanti con il Nord-est saranno correttamente rappresentate tutte le esigenze nazionali e locali. Per il tramite del coordinamento Corecom abbiamo tenuto informate del processo di pianificazione e delle ultime positive evoluzioni la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza dei Consigli Regionali, le quali hanno chiesto ora l’apertura di un tavolo congiunto con il Ministro Romani e l’Autorità: è un’iniziativa che mira a mantenere un canale permanente di confronto fra Istituzioni nazionali e territoriali coinvolte nel processo di switch-off. Il passaggio dall’analogico al digitale è un passaggio epocale: si tratta di un processo tecnologico globale che sta determinando una serie di profondi mutamenti nelle dinamiche del settore televisivo. Nel nostro Paese il cittadini coinvolti nel processo di digitalizzazione sono stati circa 14 milioni nel 2009, mentre nel 2010 si stima che circa 23 milioni di persone passeranno al digitale, raggiungendo il 70% della popolazione. Ma il Piano guarda doverosamente anche oltre il 2012 e si prefigge – analogamente ai piani dei principali Paesi europei – un risultato strategico di lungo periodo che ha avuto il plauso della Commissaria Kroes. Le comunicazioni mobili hanno bisogno di frequenze per lo sviluppo di nuovi servizi e per garantire la qualità di una rete sulla quale il traffico è esponenzialmente crescente. Il problema in Italia è più difficile per tre ragioni: scarsità delle frequenze assegnateci; maggior numero di emittenti televisive, in specie locali; maggiore utilizzazione dei telefoni cellulari. Non si può non destinare alle telecomunicazioni una parte delle frequenze contemplate nel Piano, se non si vuole compromettere lo sviluppo del settore, con riflessi, in definitiva, anche sull’audiovisivo. Sia pure con maggiore difficoltà che negli altri Paesi europei, la tutela dei diritti delle emittenti è compatibile con la ineludibile liberazione di banda per il cosiddetto dividendo digitale esterno. A cominciare dai 72 Mhz liberabili sulla pregiata banda 800 (le frequenze da 61 a 69 utilizzate dalla televisione) che al più tardi entro il 2015 – e forse già entro il 2013, secondo l’ultima proposta della Commissione al Parlamento europeo7 – dovrà essere destinata in tutta Europa alla larga banda mobile. Stiamo lavorando per liberare anche altre frequenze, ad esempio a 1.800 e 2.600 MHz, per aumentare la capacità dei sistemi di terza generazione e avviare il deployment delle reti di quarta generazione (LTE) ed altri usi come il WiMax ed il WiFi esteso. Il percorso è quello delle aste, che devono svolgersi il più presto possibile. È già avvenuto in Germania: lì le aste sono già partite, con un buon risultato – detto per inciso – per le casse dello Stato. Altri Paesi si stanno preparando, come la Gran Bretagna e la Francia. Ed anche la Spagna ha annunciato i suoi piani. L’Italia non può perdere il passo. L’Agcom si sta mobilitando per raggiungere questo obiettivo nel 2011. Per conciliare la situazione bloccata che c’è da noi con l’esigenza indifferibile di mettere all’asta le frequenze non utilizzate – le frequenze sono un bene scarso e prezioso che non può essere lasciato inutilizzato – le aste potrebbero essere bandite anche con differimento della disponibilità dello spettro; le risorse derivanti possono essere utilizzate in parte per compensare emittenti televisive che abbiano ceduto frequenze – come affermato anche dal Ministro Romani – e in parte per gli investimenti nella banda larga fissa e mobile. Sono tasselli di un mosaico complesso. Un mosaico che si deve risolvere con coerenza di sistema. Le frequenze oggi sono tutte occupate dalla televisione. Occorre chiarezza nelle regole e ragionevole fermezza nell’ applicarle per evitare che le frequenze siano occupate a danno della collettività. Ma le regole da sole non bastano: occorrono al tempo stesso incentivi alla liberazione dello spettro se si vuole procedere alla liberazione delle frequenze e a bandire le aste. Si tratta di un primo passo doveroso per un Paese che vuole davvero pensare digitale; vale a dire pensare anche al futuro, ai nostri figli", ha concluso Calabrò.

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