Giustizia UE: varata normativa su diritto a traduzione e interpretazione nei procedimenti penali. Verso un processo equo

Il momento è storico: è stata approvata la primissima legge sul diritto dei cittadini a un processo equo. Per la Commissione europea è un importante primo passo verso la correzione di uno squilibrio tra i diritti dell’accusa e i diritti della difesa, per una giustizia migliore e più efficace in Europa”.

Con queste parole Viviane Reding, Commissaria UE per la Giustizia, ha presentato le nuove norme approvate dai ministri della Giustizia dell’Unione Europea, che tutelano il diritto alla traduzione e all’interpretazione nei procedimenti penali. La nuova legge, che costituisce un primo intervento nella direzione di stabilire norme europee comuni nei procedimenti penali, attribuisce agli indagati il diritto ad ottenere la traduzione e l’interpretazione verso la propria lingua sia durante tutte le fasi del procedimento e dinanzi a tutti i giudici dell’Unione Europea, sia negli interrogatori e nei colloqui con il proprio avvocato. Il tutto senza oneri economici a loro carico, dal momento che i costi della traduzione e dell’interpretazione verranno sostenuti dallo Stato membro. La rinuncia all’esercizio di tali diritti da parte dell’indagato è ammessa solo nell’ipotesi in cui lo stesso abbia ricevuto assistenza legale o informazioni complete sulle conseguenze che la medesima rinuncia potrà comportare. Gli Stati membri avranno tre anni di tempo per recepire nei propri ordinamenti nazionali la nuova legge, che consentirà l’osservanza della convenzione europea dei diritti dell’uomo, della giurisprudenza della Corte di Strasburgo e della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Prossimo passo da compiere, come annunciato dalla Reding, sarà “garantire un equilibrio effettivo tra i poteri dell’accusa e i diritti della difesa nei procedimenti penali”. (D.A. per NL)

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