Il Foro di Milano e la deontologia giornalistica: giurisdizione di merito e non di mero annullamento. Valutazione teleologica dei comportamenti in assenza di illeciti tipizzati

L’analisi condotta dall’avvocato Sabrina Peron (consulente dell’Ordine dei giornalisti di Milano) in merito ai procedimenti disciplinari inerenti la deontologia giornalistica sottoposti al giudizio del Tribunale e della Corte di Appello di Milano offre un quadro sulle relative procedure e sentenze adottate dal Foro milanese nel quadriennio 2006-2009.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello si sono pronunciati sull’impugnazione di deliberazioni del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Tali provvedimenti – come previsto dall’art. 62 della Legge sulla professione giornalistica n. 69/1963 – devono essere motivati e possono riguardare ricorsi in materia di iscrizione nell’albo, negli elenchi o nel registro, di cancellazione, in materia elettorale e, appunto, disciplinare. Le deliberazioni del Consiglio nazionale dell’Ordine, ai sensi dell’art. 63 della citata legge, possono appunto “essere impugnate, nel termine di 30 giorni dalla notifica, innanzi al tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il Consiglio regionale o interregionale presso cui il giornalista e`iscritto od ove la elezione contestata si e`svolta”. Avverso la sentenza del tribunale e`dato ricorso alla Corte d’appello competente per territorio, nel termine di 30 giorni dalla notifica”. La decisione della Corte d’Appello, infine, può essere impugnata con ricorso in Cassazione. E’ inoltre previsto che, ai fini dell’esame dei procedimenti disciplinari in questione, il collegio giudicante debba essere integrato, sia presso il tribunale che presso la Corte di Appello, da un giornalista professionista e da un giornalista pubblicista “nominati in numero doppio, ogni quadriennio, all’inizio dell’anno giudiziario dal presidente della Corte di appello su designazione del Consiglio nazionale dell’ordine”. Dall’analisi, pubblicata sul sito www.uilpadirigentiministeriali.com, emerge in ordine agli aspetti procedurali che la giurisdizione del tribunale adito in primo grado, a conclusione della fase disciplinare amministrativa, “ha carattere sostitutivo di merito” e non “di mero annullamento”. Il tribunale, infatti, "risulta investito ex novo, e con pienezza di poteri, di tutte le questioni attinenti al merito della imputazione disciplinare, tanto da poter finanche sostituire, alla sanzione irrogata dal Consiglio Nazionale, quella in concreto ritenuta più congrua”. Dalle decisioni emesse si ricava dunque che il provvedimento amministrativo impugnato per difetto formale-motivazionale non sarà ipso jure annullato se “il difetto sia comunque direttamente emendabile dal medesimo Tribunale investito dell’opposizione in presenza di un dispositivo comunque corretto”. E, a sua volta, anche la Corte d’Appello potrebbe integrare la motivazione del Tribunale, se ritenuta carente. Il Foro di Milano, nelle sue decisioni, ha escluso poi la sussistenza del potere disciplinare dell’Ordine dei giornalisti nei confronti di soggetti mai iscritti all’Ordine stesso pur esercitando di fatto attività giornalistica, “atteso che solo la rituale appartenenza all’Ordine, certificata dall’iscrizione, può far sorgere obblighi deontologici la cui inadempienza tale organismo e` legittimato a sanzionare”. D’altra parte, secondo i giudici milanesi, non può impedire la prosecuzione del procedimento disciplinare il fatto che il soggetto verso il quale sia stata già promossa l’azione disciplinare si cancelli volontariamente dall’Ordine. In tale ipotesi, infatti, non verrebbe meno l’interesse “sanzionatorio solo per l’effetto della cessata iscrizione, visto che il procedimento disciplinare risponde anche ad esigenze pubblicistiche come dimostra il fatto che l’azione disciplinare può essere iniziata anche su istanza del P.M. ai sensi dell’art. 48 Legge Professionale dei giornalisti (L. 69/1963)”. La volontaria cancellazione, nell’ipotesi considerata, è stata anche valutata dalla Corte d’Appello un “elusivo escamotage posto in essere per aggirare la procedura sanzionatoria, per di più confidando nella non rimossa possibilità di ottenere successivamente una nuova iscrizione a ‘‘fedina disciplinare’’ ancora immacolata”. L’analisi dell’avvocato Peron, che ha partecipato nel quadriennio 2006-2009 quale componente aggregato ai procedimenti disciplinari sulla deontologia giornalistica, evidenzia poi come anche nel settore giornalistico manchi, in materia disciplinare, una tipizzazione tassativa degli illeciti. Vigono infatti solo norme di principio di carattere generale, con la conseguenza che, secondo il Tribunale meneghino, la “rilevanza deontologica dei comportamenti del giornalista va teleologicamente valutata in rapporto all’obbligo di comportarsi in modo conforme al decoro ed alla dignità professionale e tale da non compromettere la propria reputazione e la dignità dell’Ordine”. (D.A. per NL)
 

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