Informazione e giornalismo: per ottenere il risarcimento del danno da diffamazione bisogna dimostrarlo

Si è già avuto modo di trattare della diffamazione, a mezzo stampa o altro, sotto il profilo penalistico e della sussistenza o meno del relativo reato in relazione alle scriminanti di cui godono i giornalisti.

Meno, invece, si è avuto modo di parlare per quanto riguarda l’aspetto prettamente civilistico della diffamazione, e nello specifico il diritto del danneggiato di ottenere il risarcimento del danno. Orbene, ogniqualvolta i giudici si trovano a dover decidere circa la domanda di risarcimento del danno avanzata da un personaggio noto per essere stato diffamato o, come altre volte accade, vittima di un’eccessiva ingerenza giornalistica nella propria sfera privata, hanno un importante ruolo, in quanto devono contemperare il diritto all’informazione e il diritto di sapere dei cittadini con il diritto alla riservatezza del singolo, diritto privo di una sua propria identità, ma che, con il tempo e grazie alla giurisprudenza, è stato collocato nella più ampia categoria dei diritti inviolabili dell’uomo, anch’esso costituzionalmente tutelato. In tale contesto e sulla scorta della giurisprudenza maturata sul punto, il diritto al risarcimento del danno da diffamazione è inquadrato nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, relativamente alla quale è onere rigoroso del danneggiato allegare e dimostrare il danno patito e provare che esso è la conseguenza, unica e diretta, dell’evento, nello specifico la pubblicazione dell’articolo ritenuto dannoso. Una volta dimostrato il danno – e che ovviamente esso deriva dalla pubblicazione – la giurisprudenza tende a liquidarlo in via equitativa, proprio poiché impossibile da determinare precisamente nel suo ammontare, e limitatamente al danno morale, ovvero al cosiddetto turbamento d’animo o alla sofferenza intima patita dal protagonista dell’articolo; in taluni casi è stato liquidato anche il danno all’immagine, purché di esso vi fosse allegazione e, soprattutto, rigorosa dimostrazione. Qualora la diffamazione posta in essere vada a ledere anche la dignità e il decoro dei prossimi congiunti, ipotesi poi non così inconsueta, anche questi ultimi potrebbero ottenere un risarcimento del danno. Analogamente, ma sempre nel rispetto del rigoroso onere della prova a carico del danneggiato, anche il danno patrimoniale potrebbe trovare ristoro qualora questo si traduca in un danno economico, sia esso maturato a titolo di lucro cessante oppure di danno emergente. Nondimeno, il danno per aver subito un danno a seguito di un articolo diffamatorio non comprende il danno biologico, consistendo questo in un danno permanente. I parametri utilizzati dai giudici per la valutazione del danno sono svariati e possono riguardare la sussistenza o meno del reato a carico dell’articolista, il contesto nel quale è stato pubblicato l’articolo, l’eco e la portata del mezzo di comunicazione utilizzato, la collocazione dell’articolo e la risonanza ottenuta e così via. (D.G. per NL)
 

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