Intercettazioni: dopo Wikipedia blogger in allarme. La protesta corre sul web: per rettifica serve soggetto terzo

All’indomani dell’autocensura di Wikipedia contro il disegno di legge sulle intercettazioni, tra i blogger italiani e sui social network c’è allarme.

La protesta corre sul web: la cosiddetta ‘norma ammazza-blog’, il comma 29 del ddl, costringerebbe siti e blog alla rettifica entro 48 ore, anche senza la richiesta di un soggetto terzo. A discrezione, dunque, della parte che si sente offesa. «Sarà un piede di porco del sistema che potrà scardinare a suo piacimento l’informazione libera e indipendente», scrive il blogger Claudio Messora sul suo byoblu. Se la ‘norma ammazza-blog’ non venisse stralciata infatti, un gestore di sito o blog avrebbe l’obbligo di rettifica entro 48 ore, pena una multa fino a 12 mila euro. «Quarantotto ore – scrive Messora – possono essere sufficienti per una redazione che lavora full time, ma possono essere un battito d’ali di farfalla per un blogger. Basta ammalarsi e non accendere il computer per due o tre giorni…’. Agorà Digitale, il cui presidente è il radicale Marco Cappato, lancia un appello: »Firma a sostegno dei sette emendamenti per salvare Wikipedia. Sono già migliaia i blogger, le associazioni e i comuni a sostegno«. Anche il sito di Valigia Blu dedica numerosi post al giro di vite sulle intercettazioni e sulla clamorosa protesta di Wikipedia. Il blog metilparaben pubblica una ironica parodia di ciò che potrebbe succedere ai blogger, con finte richieste di rettifica. Ma la protesta corre anche sui social network, in vari gruppi e pagine o in messaggi di singoli. Ha già superato i 32 mila e 700 fan la pagina di Facebook ‘Salva i blog!’, dove da ieri si susseguono i commenti sull’autocensura per protesta di Wikipedia e sul ‘pericolo bavagliò. Sempre su Facebook sono nati nel giro di poche ore diversi gruppi a sostegno della libera enciclopedia Wikipedia. Su Twitter, infine, continuano da giorni i cinguettii che invocano informazione libera, accompagnati dai vari ‘hashtag’ (le etichette dei tweet) come noleggebavaglio e simili. Ma anche Articolo 21, Popolo Viola e numerose altre associazioni e attivisti sono pronti a fare sentire la loro voce. (ANSA)
 
 

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