Internet e TV: in attesa di Netflix i broadcaster giocano in anticipo

Il futuro della televisione è in rete, e i nuovi telespettatori vogliono essere liberi di crearsi il proprio personale palinsesto vedendo i programmi che vogliono nel momento più opportuno.

Sempre più operatori del settore mostrano di crederci: Sky Italia, pur non essendo ancora sbarcata autonomamente su internet, ha impostato un’intera campagna pubblicitaria sulla “libertà di visione”. E ora Canal Plus, pay-tv francese da 5 milioni di abbonati, ha annunciato il lancio di Canalplay Infinity, servizio SVOD (Streaming Video On Demand), con funzionalità di ricerca e raccomandazione via Facebook, che proporrà una vasta serie di contenuti in abbonamento a 9,99 euro al mese. Inizialmente il servizio si appoggerà alla rete dell’operatore di telecomunicazioni francese SFR, per poi essere diffuso anche dagli altri gestori e fruito con app dedicate sugli smart-TV Samsung e le console X-Box Live. L’emittente transalpina si conferma così come uno dei player europei più attenti all’evolversi della “nuova televisione”, cercando di intercettare la rivoluzione del video su internet senza rinnegare il broadcast tradizionale. Non per altro l’emittente francese è uno dei promotori dell’iniziativa “Hybrid Broadcast Broadband TV”, che si propone di realizzare uno standard europeo per set-top-box che siano in grado di ricevere servizi video via etere e su larga banda via cavo, gestibili in modo trasparente tramite un’unica interfaccia (in pratica il famoso “decoder unico”, chimera degli utenti italiani e non solo). A spingere le pay-tv del vecchio continente verso l’innovazione non c’è solo l’evoluzione delle aspettative dei propri abbonati, ma soprattutto la minaccia incombente dello sbarco oltreoceano degli over-the-top USA dello streaming, Netflix in testa. Sbarco che viene dato spesso per imminente, ma che finora è stato rimandato soprattutto per via di una serie di ostacoli di diversa natura. In primis i costi per acquisire i diritti di streaming in Europa, valutati intorno al miliardo di dollari. Poi la scarsa “brand awareness” dei marchi USA, che ne limiterebbe, almeno all’inizio, la capacità di essere competitivi rispetto ai servizi già esistenti. Ancora, la difficoltà di adattare i propri contenuti alle regolamentazioni presenti nei 27 diversi paesi dell’Unione. Infine, e non meno importante, proprio la presenza nel vecchio continente dei grandi broadcaster a pagamento via cavo, satellite e DTT: BskyB, la stessa Canal Plus, Sky, Mediaset, ecc. che, anche se con estrema cautela e attraverso tentativi non sempre riusciti, stanno intraprendendo la strada dell’espansione in rete. Barriere all’ingresso che comunque non impediranno ai colossi dello streaming, pressati dagli investitori e da esponenziali previsioni di crescita, di attaccare un mercato potenzialmente assai redditizio. Senza dimenticare che un ruolo importante nel decidere gli equilibri della nuova arena televisiva lo giocheranno gli investimenti degli operatori di telecomunicazione e le politiche dei governi mirate allo sviluppo della larga banda, ancora troppo diseguale nonostante gli ambiziosi traguardi della Digital Agenda. (E.D. per NL)

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