Monta il caso Radio Radicale: sarà battaglia per i 10 milioni di euro/anno che Butti vorrebbe togliere alla stazione di Pannella

La notizia che Radio Radicale avrebbe i giorni contati sta cominciando a rincorrersi su Internet. Tra i primi a farlo, ne avevamo parlato la scorsa settimana, evidenziando la presenza di un’interrogazione parlamentare (ora pubblicata tra gli atti del senato) a firma di Alessio Butti (senatore di AN) che chiedeva al ministro dello Sviluppo economico se avesse senso gravare i cittadini italiani di 10 milioni di euro annui per l’erogazione di un servizio già svolto (pur in maniera pessima) da RAI con GR Parlamento (rete voluta dal legislatore per lo scopo). Dicevamo, quindi, che il caso sta montando, sicché diamo volentieri conto del pensiero espresso sull’argomento dall’amico Mauro Roffi di Millecanali che, a sua volta riprendendo uno dei nostri pezzi, così commenta la vicenda.
 

Davvero finirà ingloriosamente nel nulla la convenzione tra lo Stato e Radio Radicale, del valore di ben dieci milioni annui, per la documentazione dei lavori parlamentari, a favore di Gr Parlamento della Rai? Pannella e i radicali si preparano a una durissima ‘resistenza’…

Ha molti meriti, ha un archivio di un valore inestimabile, fa un impeccabile lavoro di documentazione politica e parlamentare, peraltro molto ben retribuito. Ma non ha mai risolto lo spinoso dualismo tra essere Radio di partito e insieme Radio di servizio pubblico. Una evidente contraddizione in termini che solo Pannella poteva riuscire a tenere insieme e che ha fruttato finora a Radio Radicale ben dieci milioni di euro all’anno per la documentazione dei lavori parlamentari. Insieme, groviglio di contraddizioni, esiste una misconosciuta rete parlamentare della Rai che dovrebbe svolgere gli stessi compiti, anche se sembra assai meno efficace di Radio Radicale.
Come spiega il sito www.newslinet.it, «Radio Radicale lancia l’allarme: rischiamo di chiudere. In discussione (ancora una volta) vi è il rinnovo della convenzione tra lo Stato e l’emittente di Pannella, del valore di 10 milioni annui, per la trasmissione dei lavori parlamentari. Un’attività da molti anni duplicata da Rai Gr Parlamento, la rete pubblica destinata malamente al medesimo servizio, che asserisce di riuscire a svolgere con solo 1 milione e 200mila euro anni (con 20 redattori assunti con contratto giornalistico).
In realtà non è proprio così: innanzitutto perché la diffusione di GR Parlamento è un colabrodo; in secondo luogo perché, dove c’é, la qualità è spesso infima e in presenza di guasti non è raro che i trasmettitori rimangano spenti per giornate intere (a dimostrare l’interesse di Rai per la stazione). Piuttosto, c’è da chiedersi come mai, al tempo, il Legislatore impose la costruzione da zero di una rete assolutamente inutile (perché il compito già lo svolgeva egregiamente Radio Radicale) con milioni di euro degli italiani spesi per acquistare dai privati frequenze spesso disastrate senza una strategia di pianificazione. A ciò, poi, è da aggiungere il fatto, assolutamente incomprensibile, che GR Parlamento ce l’abbiamo sul groppone da oltre dieci anni e per oltre dieci anni abbiamo continuato a sovvenzionare Radio Radicale (l’Italia è un paese davvero straordinario!; Ndr.)».
In ogni caso la battaglia si preannuncia campale (i radicali, si sa, in battaglie simili sono specialisti). Dal 2010 il Governo intende infatti tagliare la convenzione da 10 milioni di euro all’anno con Radio Radicale per la trasmissione dei lavori di Camera e Senato. Il servizio sarà svolto dal Gr Parlamento.
Il proposito emerge dalla posizione illustrata da Paolo Romani, sottosegretario allo Sviluppo economico, in un’interrogazione a risposta scritta che era stata presentata da Alessio Butti, senatore di An. L’esponente dei partito di Gianfranco Fini aveva infatti chiesto «se non si ritenga opportuno revocare al più presto la convenzione tra il ministero delle Comunicazioni e il centro produzione Spa, titolare di Radio Radicale» perché «palesemente in contrasto» con la legge Mammì e «se non si ritenga sufficiente la presenza, come previsto dalla legge, del quarto canale radiofonico della Rai per la trasmissione delle sedute parlamentari ed i relativi approfondimenti».
La convenzione infatti era stata attivata proprio per la fornitura dell’informazione parlamentare fino a quando non fosse subentrata la Rai (che sarebbe subentrata sulla carta già da molti anni, appunto). Nella risposta, appena pubblicata negli atti del Senato, il sottosegretario Romani ricorda che per legge «è autorizzata la spesa della convenzione fino al 2009», «ma allo scadere verranno certamente considerate la ormai piena operatività della rete Rai nonché le esigenze di riduzione della spesa pubblica».
Soddisfatto il senatore Butti: «Era uno spreco intollerabile, se Radio Radicale vuole stare sul mercato, lo faccia vendendo gli spazi pubblicitari come fanno tutte le emittenti private».
Ma Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale, non ci sta: «Noi offriamo un servizio pubblico superiore per qualità e quantità alla Rai, faremo valere i nostri diritti».
D’altra parte, senza Radio Radicale, non si vede come potrebbe sopravvivere lo stesso partito di Pannella, che si fa sì pagare (lautamente) un servizio pubblico molto ben svolto ma poi su quella stessa emittente svolge interventi – fiume personali e di partito a iosa. Pagati, alla fine e nella sostanza, sempre da noi cittadini. (Mauro Roffi)

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