Pay Tv, DTT (Mediaset) e Sat (Sky) come Elysium

Sempre in attesa di vedere la luce alla fine del tunnel della crisi, le pay-tv italiane cercano di adattare le proprie offerte alla contingenza non proprio favorevole, approfittando anche del ritardo che il nostro paese continua ad accumulare nei confronti di quella che potrebbe essere la prossima rivoluzione, ovvero la tv via internet.

In realtà il panorama è caratterizzato in modo abbastanza evidente da una concorrenza anomala, dove i due principali competitor, Mediaset Premium e Sky Italia, si rivolgono a pubblici non del tutto sovrapponibili. Il target dell’operatore satellitare, come del resto si evince anche dalle dichiarazioni dei suoi esponenti, è quello della fascia medio-alta (socialmente ed economicamente) della popolazione, mentre la pay-tv terrestre punta ad un pubblico più “popolare”. La connotazione tecnologica gioca un ruolo importante ed è per certi versi una condizione determinata dalla diversa piattaforma di trasmissione: nonostante la generosa dotazione di multiplex DTT, Mediaset non può certo competere con la larghezza di banda dei transponder satellitari dell’emittente di Murdoch, che ha potuto puntare prima di tutti gli altri e in maniera massiccia sull’adozione di tecnologie come l’HD, il 3D o i “mosaici” multicanali, accontentando così la fascia degli early adopter dell’Hi-tech, sicuramente anche capaci di apprezzare le nuove possibilità della televisione on-demand introdotte a suo tempo con il decoder MySky e SkyGo, il servizio per i device mobili. E’ questa una tipologia di utente ovviamente caratterizzata da buone disponibilità finanziarie, e che probabilmente ha risentito meno della crisi. Ed è proprio questo il target che Sky dimostra ancora di voler coccolare, anche in considerazione dell’appetibilità nei confronti degli investitori pubblicitari. Nella recente presentazione del nuovo palinsesto, infatti, glissata elegantemente la questione del numeri di abbonati (chi si ricorda più il famoso traguardo dei cinque milioni?), si è puntato ancora una volta sulla “rivoluzione tecnologica” e sulla diversificazione e qualità dei contenuti, mentre non sembrano esserci sostanziali novità sul piano delle tariffe. Mentre è proprio quest’ultimo il punto di forza sul quale si sono finora incentrate le campagne pubblicitarie di Mediaset Premium, che continua ad avere l’offerta di base al prezzo più basso del mercato, 19 euro, comprendente comunque ciò che rimane il motivo principale d’acquisto della pay-tv per la maggior parte degli italiani, ovvero il calcio italiano e internazionale. Da quest’anno poi il network del biscione potrà anche contare sui canali Eurosport, che permetteranno di ampliare l’orizzonte sportivo un po’ al di là degli stadi del pallone. Niente di paragonabile peraltro all’offerta di Sky, che è in grado di proporre praticamente tutti gli sport motoristici (notoriamente altra grande passione italiana) e i grandi avvenimenti internazionali come le Olimpiadi invernali e, ovviamente, i mondiali di calcio. C’è però da tenere presente un altro fattore distintivo che non permette ancora una volta di paragonare direttamente i due presunti concorrenti: Sky si pone nei confronti dei propri abbonati come offerta onnicomprensiva, in grado di rappresentare l’unica fonte di intrattenimento e informazione televisiva per tutta la famiglia. Mediaset Premium invece si caratterizza invece più come servizio “complementare” (Premium, appunto) nei confronti di un pubblico abituato a fruire una vasta gamma di contenuti presenti sulla televisione in chiaro, che è disposto comunque a spendere qualcosa in più per avere a disposizione un “bonus” che di solito si concretizza nell’offerta sportivo-calcistica. Poco risalto, ancora una volta, viene dato all’offerta via internet, nella sottesa convinzione che in Italia non ci siano ancora né le condizioni né la maturità necessaria a stimolare la domanda di servizi innovativi attraverso la rete. Una certa attenzione si sta invece focalizzando sul cosiddetto “second screen”, ovvero la presunta tendenza degli spettatori ad utilizzare i device mobili (smartphone e tablet) contemporaneamente alla fruizione dei contenuti televisivi, a scopo di commento “social” o ricerca informazioni. La cosa sembra interessare i network nostrani soprattutto a scopo di vendita di ulteriori spazi pubblicitari. Non sembra invece esserci particolare preoccupazione nei confronti della possibilità che le persone possano prima o poi stufarsi del “first screen” e spostarsi sempre più solo sul “second”… Tendenza che molti studi in materia sembrano invece confermare, almeno per mercati più evoluti del nostro (come quello USA) e per la fasce di popolazione più giovani. Ciò sta spingendo over-the-top come Google e colossi dell’elettronica di consumo come Sony ad accelerare i propri programmi di inserimento nel mercato delle televisioni a pagamento. Il futuro sarà in gran parte deciso dalle politiche dei fornitori di contenuti (non a caso Viacom sta concludendo un accordo proprio con Sony), che da un momento all’altro potrebbero decidere di rompere gli indugi e puntare sulla rete, rendendo meno sicure le posizioni finora dominanti dei grandi network televisivi. (E.D. per NL)
 

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