Pay tv: la crisi blocca la crescita

La pay tv è un bene superfluo. Ma, con il livello della televisione in chiaro, si trasforma a volte in un’ancora di salvezza necessaria, e non solo per quanto riguarda la fruizione di eventi sportivi e film in prima visione, ma anche – come si è visto negli ultimi anni con la crescita di spettatori e di credibilità acquisita da SkyTg24 – per quanto concerne l’informazione.

I diritti tv per la Uefa Champions League, in costante crescita, uniti ad una concorrenza in certi frangenti spietata tra i due magnati un tempo amici e ora acerrimi nemici, fanno sì che i prezzi per l’accesso alle piattaforme digitale terrestre e satellitare si facciano sempre meno accessibili ad un gran numero di famiglie, alle prese con il pareggio delle spese di fine mese. Lo confermano i dati: due anni fa, a settembre 2008, al termine di un grande galoppata, la piattaforma di Sky arrivò a raggiungere quota 4,6 milioni di utenti, con rosee previsioni per il futuro; passò un anno e, come sottolinea un articolo di ieri di ItaliaOggi, la crescita fu molto contenuta. Poi, a settembre 2009, in pieno panico-crisi, toccò quota 4,8 milioni di abbonati. Sono passati altri dodici mesi, la crisi è entrata a far parte in maniera ancor più profonda della vita degli italiani e gli abbonamenti a Sky sono rimasti stabili, a quota 4,8 milioni. Non solo, negli ultimi due anni la piattaforma diretta da Tom Mockridge ha dovuto fare i conti con trimestri chiusi in passivo e con un calo del 36% nell’ultimo trimestre (luglio-agosto-settembre 2010), chiuso comunque con un utile netto di 82 milioni di dollari. Diverso il discorso per quanto riguarda Mediaset Premium che, con la storia delle carte prepagate, è soggetta a cambiamenti più vistosi nei numeri, dal momento che la scadenza fissata per gli abbonamenti prepagati dà vita ad un processo di fidelizzazione più incerto e meno stabile. Anch’essa, al termine di una grande e rapida galoppata, era giunta a registrare 3,7 milioni di abbonati alla fine dello scorso anno. Gli utenti erano poi saliti addirittura a quota 4,4 milioni all’inizio di quest’anno, rischiando di mettere in pericolo il primato di Sky. Poi il 30 giugno sono scaduti 2 milioni di abbonamenti e la versione digitale terrestre del Biscione ha dovuto ricominciare quasi daccapo. Il ritorno degli utenti c’è stato, ma – vista la crisi – non è stato totale, tant’è che oggi la piattaforma non supera i 3,8-3,9 milioni di abbonati. E prima del prossimo anno non potrà ottenere l’agognato pareggio del bilancio. Discorso un tantino differente, invece, per la terza piattaforma, la più giovane Dahlia Tv, nata nel 2009 e controllata da Airplus, telecom Italia Media e Filmmaster. La sua offerta è più limitata e, per questo, con prezzi decisamente più accessibili (fino a 8 euro al mese): di questi tempi un dettaglio da non sottovalutare. Rispetto a un anno fa, quando il numero dei suoi abbonati non superava i 400mila, oggi – alla fine di ottobre – Dahlia conta circa 850mila abbonati. La sua offerta è più di nicchia, punta sugli appassionati di sport minori (rugby, football americano) oppure sui tifosi di calcio di club minori (anche se recentemente Mediaset Premium le ha rubato i diritti di Palermo, Bologna e Fiorentina), ma rispetto ai colossi suoi concorrenti è in trend decisamente migliore. È ancora, ovviamente, in perdita (oltre 20 milioni di euro nel 2009), ma punta a raggiungere il pareggio del bilancio nel giro di tre o quattro anni. Anche se, di questo passo, le prospettive per il mercato sono tutt’altro che incoraggianti e, alla lunga, anche Dahlia, che sarà comunque soggetta alle leggi dettate dall’aumento dei costi dei diritti e della concorrenza, potrebbe avere delle battute d’arresto, come è successo ai suoi fratelli-coltelli maggiori. (L.B. per NL)

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