Processo tributario. Il Governo fa le nozze con i fichi secchi ed alimenta il caos tra i giudici fiscali

Il decreto sviluppo e la manovra estiva di recente approvazione riformano profondamente gli iter attraverso i quali il contribuente ed il fisco potranno confrontarsi, ma quel che è certo è che da ottobre in poi giudici e professionisti dovranno spendersi in una vera e propria maratona di risveglio dalle sonnacchiose libagioni estive.

Molti dei magistrati in forza alle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali, difatti, si vedranno travolti dal gavettone della nuova disciplina delle incompatibilità che si stima potrebbe sottrarre dal 40 % all’ 80% della forza giudicante (che a fine 2010 contava 3.700 unità). In proposito, la speranza di non incorrere in una vera e propria paralisi della giustizia fiscale è ad oggi interamente affidata ad un “concorsino” per 960 posti di giudice che dovrebbe essere bandito entro settembre e riservato a magistrati di carriera, avvocati e procuratori dello Stato. Il Governo del fare, quindi, intenderebbe riformare il contenzioso in questa delicatissima materia iniziando a costruire il nuovo edificio nel quale cittadini ed Erario si dovranno confrontare partendo dal tetto (invero risparmiando materiale proprio sull’architrave che dovrebbe sostenerlo), con riforme che contribuiscono solo ad aumentare il caos istituzionale con buona pace dei cittadini che oramai si sono drammaticamente abituati a tali strategie d’intervento. Nella peggiore (ma non per questo farneticante) delle ipotesi, le Commissioni Tributarie potrebbero, da qui a fine anno, vedersi sottratti fino a 3000 giudici, agli effetti di una riforma già approvata che potrebbe ritrovare un ampio consenso istituzionale se fosse adottata a seguito di efficaci interventi finalizzati allo smaltimento dell’arretrato. Infatti, secondo gli addetti ai lavori, è questa la questione che più di tutte allontana dall’archetipo costituzionale del “giusto processo” l’amministrazione della giustizia in Italia. Le nuove norme per i magistrati in forza alle Commissioni Tributarie, nello specifico, prevedono un’ampia casistica di incompatibilità sanzionate con la decadenza dall’incarico di giudice fiscale, figura che ad oggi – peraltro – ha raggiunto un altissimo livello di specializzazione. Commercialisti, avvocati, architetti e molte altre figure professionali che prestano la propria opera in favore dello Stato dirimendo i conflitti insorti tra Fisco e contribuente, non potranno più ricoprire l’incarico se continueranno ad esercitare attività di consulenza nella specifica materia o se tale attività venga svolta – loro malgrado – da un parente (entro il terzo grado) o un affine (entro il primo) nell’ambito della stesa regione o nelle province confinanti (cfr. Il Sole 24 Ore, 25/07/2011, p. 3). In questo campo sarà piuttosto copiosa l’attività che dovrà essere svolta fino al termine dell’anno dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt), che sarà obbligato ad esaminare in controluce l’organico del quale dispone alla ricerca di residue incompatibilità tra i giudici non togati sopravvissuti alla purga governativa. Garbato il commento reso dal presidente dell’Amt (Associazione magistrati tributari) Ennio Attilio Sepe, convinto che “il concorso per circa mille nuovi posti non si concluderà prima di un anno e mezzo (…)” e – prosegue scoraggiato – “in tutto questo tempo le commissioni tributarie rischiano di rimanere sotto sotto organico, con grossi problemi per l’attività giudiziaria” (cfr. Il Sole 24 Ore, 25/07/2011, p. 3). Dal vertice del Cpgt, invece, arriva il commento di Daniela Gobbi che reputa la nuova disciplina delle incompatibilità del tutto inadeguata per far fronte ai problemi della giustizia tributaria anche dal punto di vista della garanzia di terzietà del giudice, fino ad oggi rimessa alla ponderata ed effcace valutazione dell’organo che rappresenta coadiuvato dalla Guardia di Finanza. “I nuovi giudici verranno da altre magistrature e non saranno a tempo pieno. Il doppio incarico potrebbe portarli ad accumulare arretrato sia nell’ordinamento di provenienza, sia in quello tributario”, chiosa causticamente la Gobbi, descrivendo una situazione di collasso che potrbbe compromettere irrimediabilmente il nuovo regime della sospensiva degli accertamenti impugnati che prevede l’emanazione di un provvedimento cautelare di sospensione dell’atto da adottarsi da parte del Collegio giudicante entro i 180 giorni seguenti al deposito del ricorso (opzione anch’essa prevista dal cocktail di riforme promosse dal Governo, approvate in tempi record dal Parlamento ed in vigore dal prossimo autunno, che fa il paio con l’immediata esecutività dell’avviso notificato dall’Amministrazione finanziaria). Nonostante nelle intenzioni dell’esecutivo alcuni rintraccino taluni profili di giustizia che tendono a mutare i rapporti di forza tra la componente laica e togata all’interno delle Commissioni Tributarie, la portata della novella viene dai più etichettata quale veicolo di una vera e propria implosione della giustizia tributaria. Chapeaux! (S.C. per NL)

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