Radio locali, Toscana: condannati speaker e “aiuto” di Radio Studio 54 per diffamazione e istigazione all’odio

Diffamazione e istigazione all’odio razziale: questi i reati per cui sono stati condannati ieri a Firenze il proprietario e speaker dell’emittente Radio Studio 54, Guido Gheri, e il suo ‘aiuto’ in studio, Salvatore Buono, per frasi pronunciate in alcune trasmissioni, ritenute tali da istigare odio verso persone Rom e di essere diffamatorie verso il Comune di Firenze nonché, per altre circostanze, contro un ex collaboratore della radio.

Il giudice Marco Bouchard ha inflitto 9 mesi di condanna a Gheri, 6 mesi a Buono. Per la ‘spalla’ la pena è sospesa, per Gheri no, avendo già avuto in passato altre condanne per diffamazione. Tra 60 giorni le motivazioni. Il processo affrontava episodi diversi, riuniti in un solo procedimento, su affermazioni fatte dai microfoni di Radio Studio 54, storica emittente fiorentina di taglio popolare. Tra gli episodi, diffamazione e istigazione all’odio razziale sono accuse relative ai commenti di Gheri e Buono sulla gestione del maxi-parcheggio a pagamento dell’ospedale di Careggi, da dove alcuni ascoltatori avevano segnalato incursioni di Rom e vandalismi. Nelle loro affermazioni, i condannati tirarono in causa anche il Comune di Firenze dicendo che nella vicina Prato, con la giunta di centrodestra, tali problemi non si verificano, anche perché nella città laniera ci sarebbe ”gente che la mazzetta non la prende”. Una frase che indusse il sindaco Matteo Renzi, ritenutosi offeso insieme al Comune di Firenze, a querelare Gheri e Buono e a far costituire il Comune parte civile. La condanna odierna per diffamazione riguarda, inoltre, anche frasi pronunciate a proposito di un ex collaboratore della radio, esperto in sicurezza sul lavoro. L’avvocato Paolo Florio, difensore di Guido Gheri, ha parlato di ”sentenza sorprendente, date le miti richieste della procura” che, per l’istigazione, proponeva al giudice una multa e non il carcere. ”Ora – ha continuato il difensore – aspetto la motivazione del giudice. Ci riserviamo di fare ricorso in appello”. (ANSA)

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