Storia della Radiotelevisione italiana. Puglia, agosto 1975: è in onda Bari Radio Uno

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Nell’estate ’75 le stazioni radiofoniche "libere" italiane sono già oltre la cinquantina. Ma sono ancora illegali, in quanto la Corte Costituzionale ha fino ad ora sancito la decadenza del monopolio radiotelevisivo per le trasmissioni su scala locale solo per le stazioni via cavo, riservando a RAI quelle via etere.

Ma la crepa del muro c’è già. In Puglia, un drappello di 12 pirati guidati da Alberto Pirelli si costituisce in cooperativa e si butta nell’impresa. Con un milione di lire a testa, i giovani acquistano trasmettitore, registratori,  giradischi, microfoni ed un’antenna dipoloidale. La stazione definita (erroneamente) "la prima a Bari, la sesta in Italia" prende il nome da Bruno, un grosso cane dal pelo nero e arruffato adottato come mascotte: BR-Uno come Bari Radio Uno. Il 29 agosto 1975 il giornale locale titola: "E’ nata Bari Radio Uno, la trasmittente di tutti". La nuova voce vicina alla sinistra ha sede in via Bozzi 35 a Turi (Bari) e trasmette sui 102 MHz notiziari, musica (per lo più rock), sport ed informazione per 12 ore giornaliere. Tra i primi protagonisti ci sono: Franco Marotta, Osvaldo Buonacino, Vito Valentini, Angelo Orlandi, Giuseppe Garibaldi (!), Felice Laudadio (futuro giornalista cinematografico fondatore e direttore del Bif&st), Erio Cristi (conduttore ed autore del programma satirico Tarazum), Fortunata Dell’Orzo, Michele Traversa, Titta De Tommasi (poi fondatore di Radionorba), Paolo Longo e Michele Mirabella (nomi oggi noti in casa RAI). Come da prassi, il 20 dicembre la stazione viene sequestrata dalla Polizia Postale. Il Comitato di redazione in un proprio ciclostilato definisce l’attività dell’emittente “una esperienza di informazione democratica e pluralista” e rivendica “un’impostazione differente e alternativa, sia alle altre radio sorte in Italia in questo periodo, sia ai canali tradizionali di informazione”. Nel documento viene, soprattutto, evidenziato che l’autogestione “si è esplicata affidando a consigli di Qua
rtiere, circoli culturali, enti locali, giornali e in genere a tutte le forze sociali uno spazio concreto, perché riteniamo che il nostro impegno non deve tendere alla rottura del monopolio, ma alla sua decentralizzazione democratica”. I redattori, “pur consapevoli, fin dall’inizio (…), di essere considerati dei fuorilegge passibili di provvedimenti giudiziari” lanciano la proposta di una giornata di mobilitazione ed esprimono preoccupazione sia per i lunghi tempi necessari “a rivedere il procedimento giudiziario” a causa delle ferie natalizie e per la compromissione delle “libertà co
stituzionali sancite dall’art. 21 e dalla carta dei diritti dell’uomo”. La Gazzetta del Mezzogiorno, il giorno dopo, 21 dicembre, informa che: "i giovani facenti parte dell’équipe della Radio, assistiti dagli avvocati Enzo Augusto, Bruno Volpe, Eugenio Porta e Mario Russo Frattasi, si sarebbero incontrati, al più presto, con il Pretore che aveva disposto il sequestro, il dott. Michele Cristiano, per cercare di ottenere l’invio degli atti alla Corte costituzionale, la quale, a breve, si sarebbe dovuta occupare della questione delle emittenti libere italiane". Il PCI di Bari esprime la solidarie
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tà ai responsabili e ai collaboratori della Radio: “nel momento in cui viene loro impedito di proseguire nelle trasmissioni mentre il medesimo rigore non si manifesta verso iniziative radiotelevisive con ben altro, e più ristretto, respiro democratico”, ma, nel contempo, non nasconde “la preoccupazione e il dissenso del partito di fronte al proliferare di emittenti cosiddette libere che, se sono la conseguenza dell’insoddisfazione per i ritardi intollerabili con cui avanza il processo di applicazione della riforma della Rai-Tv, tuttavia si inseriscono oggettivamente in una strategia che vede forze potenti impegnate nel tentativo di ottenere la fine del monopolio pubblico radiotelevisivo al fine di aprire spazi all’iniziativa dei grandi gruppi economici”. Il Partito si dice convinto che “non saranno le radio libere, malgrado le buone intenzioni dei loro promotori e la loro salda coscienza democratica, a rafforzare la libertà di informazione” che “bisogna battersi perché la Rai-Tv sia lo specchio di un Paese che è cambiato e vuole ancora cambiare, e non portavoce di un partito politico o delle sue correnti” e reclama il diritto “di contribuire alla programmazione nazionale” e di “accesso all’informazione radiotelevisiva nell’ambito del monopolio pubblico”. Gli fa eco Lotta Continua, il 23 dicembre, con un ciclostilato nel quale stigmatizza l’azione repressiva, nei confronti dell’emittente, come “un attacco feroce alle libertà democratiche di informazione, di stampa e di pensiero, sancite dalla Costituzione”, aggiungendo: “si è voluta chiudere una radio che non era sotto il monopolio democristiano e governativo, una radio che era libera perché libera dai centri di potere, dalle pressioni economiche e padronali, dalla sudditanza ideologica ad una informazione di parte. (…) Il potere democristiano vuole dare l’impressione che la città di Bari è una città morta, in cui non c’è iniziativa né politica né culturale, mentre questo è falso e Radio Bari lo dimostra ogni giorno”. A distanza di due mesi, nel febbraio 1976 l’emittente riprende le trasmissioni. La Gazzetta del Mezzogiorno titola: "Dissequestrata Bari Radio Uno. Depositato il provvedimento del Pretore. Gli atti del procedimento giudiziario rimessi intanto alla Corte Costituzionale. Le trasmissioni riprenderanno sabato prossimo". Ed ancora: "Torna a trasmettere Bari Radio Uno. Da sabato su disposizione del Prefetto. Il Magistrato ha ritenuto fondata l’eccezione per il decreto di sequestro". Via libera quindi alle trasmissioni sbavagliate. Ma l’avventura con la compagine originaria dura due anni appena: alla fine del 1977 la Radio viene ceduta, sposta sui 90 MHz le trasmissioni e cambia radicalmente struttura, unendosi a Radio Alta. Nel nuovo millennio – caso non frequente – a distanza di quasi quaranta anni, Antenna Bari Radio Uno è ancora in onda (sede in piazza Aldo Moro 28 a Bari). (R.R. per NL)

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