Rtv locali, FRT: Passera (MSE) ha fallito nel compito di preservare integrità comparto. Il suo dicastero dovrebbe ristrutturarsi. Ma in realtà chi dovrebbe valutare le proprie scelte sono proprio i sindacati

"Il Ministro Corrado Passera è, probabilmente, troppo distratto dalle problematiche dei grandi gruppi telefonici per interessarsi a quelle dell’emittenza televisiva locale".

Ad affermarlo è il Presidente dell’Associazione Tv Locali FRT, Maurizio Giunco, che fa eco al precedente, analogo, lamento dell’associazione Aeranti-Corallo che abbiamo ospitato su queste pagine. Aggiunge, Giunco (peraltro editore dell’emittente lombarda Espansione Tv): "Da quando Passera si è insediato non si è mai preoccupato di conoscere la realtà televisiva locale e le ricadute sul comparto delle sue decisioni politiche. Non solo non ha minimamente affrontato le problematiche segnalate dall’Associazione Tv Locali FRT, ma non si è nemmeno disturbato di dare riscontro ai numerosi appelli inviategli dall’intero settore televisivo locale." Per FRT, altro sindacato abituato a frequentare assiduamente le stanze ministeriali (dei bottoni) dalle quali ora è stato evidentemente estromesso, "tralasciando le richieste di incontro, rimaste senza nessuna risposta, che erano finalizzate unicamente a rappresentare le reali esigenze del mercato delle tv locali, di sollecitazioni il Ministro ne ha ricevute ad abundantiam". In effetti, già a gennaio 2012, l’ente aveva evidenziato in una nota che "L’assenza di interlocutori preoccupa il mondo dell’emittenza televisiva, soprattutto quella locale che, come più volte denunciato, rappresenta un comparto che meriterebbe maggiore attenzione e tutela da parte delle Istituzioni. In questi ultimi anni le Tv Locali sono state interessate da una serie di avvenimenti particolarmente negativi che, sommati agli effetti prodotti dalla grave e perdurante crisi economico-finanziaria abbattutasi sui mercati mondiali e su quello domestico, hanno messo in ginocchio l’intero settore e delineato un quadro drammatico, con centinaia di imprese televise locali ormai prossime alla chiusura. Il passaggio al digitale terrestre (…) ha fatto emergere molte criticità di ordine normativo, regolamentare e tecnico ed ha radicalmente stravolto gli equilibri del mercato, penalizzando in modo particolare le tv locali le quali, essendo i soggetti sotto il profilo della capacità economico/finanziaria più deboli del sistema, rischiano nel nuovo contesto di scomparire. In questa scongiurata ipotesi oltre agli aspetti economici e alle ricadute occupazionali, andrebbero anche considerate le inevitabili, e non secondarie, negative conseguenze sulla limitazione del pluralismo, della libertà e dell’indipendenza dell’informazione". Nel frattempo, ricorda ancora il sindacato – che pure riteniamo abbia una grossa responsabilità in ordine a determinate scelte concertate con i precedenti governi a riguardo di una politica digitale televisiva rivelatasi poi fallimentare per il comparto tv locale – "in assenza di iniziative a sostegno del settore da parte del Governo, diverse emittenti hanno chiuso l’attività, mentre molte altre sono state costrette a ridurre drasticamente gli organici nell’estremo tentativo di fronteggiare la crisi. Nemmeno l’appello congiunto fatto dalla FRT insieme alle Organizzazioni Sindacali ad inizio anno è servito a superare l’immobilismo del Ministro". Del resto, anche la scelta di muoversi a braccetto con Aeranti-Corallo, creando di fatto un supersindacato di categoria con obiettivi comuni, secondo noi, è da valutare negativamente, considerato che era da subito impensabile la possibilità di rappresentare interessi contrapposti come quelli delle grandi emittenti regionali o superregionali (tipici associati di FRT) e delle medie e piccole tv locali (iscritte generalmente ad Aeranti-Corallo). L’effetto sostanziale – che avevamo evidenziato più volte su queste pagine – è stato quello di un gigantismo rappresentativo che ha generato un’incapacità sostanziale di determinare un’efficace pressione politica.  Emblema di questa debolezza verso un clima governativo ostile si rinveniva in comunicati congiunti enfatici ma privi di sostanziale efficacia, tipici di soggetti che non riescono a dare seguito concretamente alle azioni di protesta paventate. "Occorre intervenire al più presto a salvaguardia di migliaia di posti di lavoro ormai seriamente a rischio – scrivevano tempo fa i sindacati congiunti – E’ necessario ripristinare un modello di mercato equilibrato in termini di risorse, che possa favorire lo sviluppo tecnologico e occupazionale al fine di scongiurare la morte di un settore che da sempre svolge un fondamentale ruolo a garanzia del pluralismo culturale e informativo del territorio". Scontata quindi – a nostro avviso – la conseguente indifferenza del ministro Passera verso una cordata di emittenti debole, sfilacciata, scoordinata e contraddittoria nelle sue richieste. Può così lamentarsi, ora, Giunco che il mandato del ministro "è stato caratterizzato fin qui da una gestione inaccettabile, che ha causato pesanti ripercussioni sul settore". Ben altre avrebbero dovuto essere le forme di protesta da attuare e ben diverse avrebbero dovuto essere le scelte concordate a suo tempo coi precedenti esecutivi, i cui effetti – ci spiace farlo notare al presidente dell’associazione tv locali della FRT – non sono certamente attribuibili al governo Monti. Ora Giunco stigmatizza "il moltiplicarsi delle incombenze burocratiche alle quali le imprese televisive sono state sottoposte (nulla è stato fatto per la semplificazione degli adempimenti amministrativi e per la liberalizzazione del settore)" e il fatto che "Al cambiamento in corso delle regole di digitalizzazione che hanno modificato gli scenari di mercato prevedendo disposizioni per le imprese televisive digitalizzate nel 2012 (per es. Sicilia, Puglia, ecc) differenti rispetto a quelle che dovranno rifare lo switch-off in questi giorni e che erano già passate al digitale terrestre entro il 2010 (emittenti del Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Lazio, ecc.)".  Eppure queste conseguenze erano facilmente prevedibili e infatti su queste pagine avevamo più volte messo in guardia gli operatori e le loro rappresentanze, che però si mostravano indifferenti (i primi contraddistinti da un delirio di onnipotenza e sicuri di una garanzia politica di ultima istanza, i secondi presuntuosamente certi di avere le scelte giuste in tasca). La verità è che, oggi, i principali sindacati di categoria dovrebbero fare una seria ed oggettiva valutazione delle errate strategie assunte negli ultimi dieci anni, riconoscendo i propri gravissimi errori ed adottando una politica di ristrutturazione operativa che dia loro la capacità di porsi come interlocutori validi nei confronti delle istituzioni, abbandonando la tendenza ad un anacronistico e ormai patetico autoincensamento. (M.L. per NL)

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